Studente: Giulia Guacci
Scuola: LICEO "CARLO CAFIERO" | LICEO "CARLO CAFIERO"
Sfida: 3 | Narrare la Scienza
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Caro diario, oggi è il mio ultimo giorno. Sono una cellula della pelle, una tra miliardi, e il mio tempo è giunto. Non è una malattia a portarmi via, né un attacco esterno: sono io che scelgo di andarmene. Questo processo si chiama apoptosi, ed è un suicidio programmato. Tutto è iniziato qualche giorno fa, quando ho sentito i segnali arrivare dal nucleo. Il mio DNA era stato danneggiato, forse da un raggio UV di troppo. Non potevo permettermi di restare così, danneggiata, rischiando di trasformarmi in qualcosa di pericoloso e nocivo. Ho aspettato e sperato che i meccanismi di riparazione funzionassero, ma alla fine la decisione era inevitabile: dovevo sacrificarmi per il bene dell’organismo. Ora il processo è iniziato. La mia membrana si contrae, il citoplasma si frammenta in piccole vescicole pronte per essere smaltite dai macrofagi. Non provo dolore, solo una strana sensazione di leggerezza. È come se mi dissolvessi piano piano, lasciando spazio a nuove cellule sane. Mi chiedo se altre cellule abbiano mai paura di questo momento. Per me non è terrore, ma consapevolezza. Il nostro compito non è vivere per sempre, ma mantenere l’armonia del corpo. Forse, in un certo senso, è questa la vera immortalità: non esistere singolarmente, ma far parte di qualcosa di più grande che continua a vivere. Non avrò un funerale, nessuno ricorderà il mio nome. Ma so di aver fatto la mia parte. Il mio corpo vivrà, e in fondo, è questo che conta. Addio, caro diario.