Dettaglio Sfida sottomessa

Aborto: il diario di una cellula celebrare durante l’aborto

Studente: Pietro Piazza

Scuola: "G. SALERNO" | "G. SALERNO"

Sfida: 3 | Narrare la Scienza

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Mi ricordo poco e niente di quel piccolo lasso di tempo che voi chiamate “vita”. C’era questa stanza molto buia. Ero insieme alle mie sorelle, tutte lì a riempire il volume di un minuscolo e insignificante essere vivente. Eravamo tutte uguali: forma sferica, piccole. Svolgevamo però compiti diversi. Io insieme alle mie gemelle avevamo forse quello più difficile e complicato: davamo i comandi a tutte le altre nostre sorelle, eravamo le capitane di una grande squadra. Mi piaceva quello che facevo. Mi sentivo potente, utile a qualcosa. Mi piaceva gestire la costruzione di questo ospite in cui ci trovavamo. Ero molto piccola, sì, ma sentivo tutto ciò che succedeva al di fuori della grande stanza buia. Capii che mi ero generata per sbaglio, la nostra presenza non era voluta. Sentii ciò qualche settimana prima del mio decesso. Là fuori discutevano su cosa fare del nostro lavoro in costruzione. Mi sarei aspettata di tutto, tranne quello che, ignare di tutto, stava per succedere a me e alle mie sorelle. L’ultimo giorno fu il più strano di tutti, fu quello in cui sentii più voci, urla, pianti. Fu il più intenso di tutti, ma anche il più liberatorio. Come al solito, stavo dando diversi ordini, quando, ad un tratto, vidi una fortissima luce bianca e poi di nuovo buio. Questa volta non era il buio a cui ero abituata a vivere, ma era un buio vuoto, senza vita. Non potevo più dare ordini alle mie sorelle né le vedevo più. Era tutto finito, tutto finito in un secondo il lavoro di settimane.